I bambini non sono adulti in miniatura. Sono soggetti in continua crescita con rapidi cambiamenti fisici, cognitivi, esperienziali, espressivi ed emotivi; basti pensare alle mille differenze tra un neonato e un adolescente.
Se è vero che le cure palliative per adulti e pediatriche condividono obiettivi e principi etici, allo stesso tempo presentano differenze sostanziali.
Rispetto alla popolazione adulta, dove le cure palliative si sono occupate prevalentemente della fase terminale delle persone colpite da malattia oncologica, i bambini sono colpiti da patologie proprie dell’infanzia come ad esempio: anomalie congenite; condizioni genetiche rare, malattie degenerative metaboliche e neurologiche; fibrosi cistica. E spesso convivono con la loro malattia per molti anni.
Nell’organizzazione delle cure, per rendere più gestibile il percorso di malattia di un minore, è necessario coinvolgere diversi attori per consentire alla famiglia di vivere la quotidianità a casa: il pediatra di famiglia, l’equipe ospedaliera che ha effettuato la diagnosi, gli specialisti chiamati al bisogno e il team di cure palliative pediatriche che organizza il piano di cura. Altrettanto importante è facilitare, attraverso in coinvolgimento della comunità e dei servizi territoriali, le relazioni sociali del bambino nella scuola, nell’attività sportiva, con la rete amicale e familiare per permettere uno sviluppo equilibrato in tutti gli aspetti di vita.
A differenza di quanto accade nelle cure palliative dell’anziano, il carico emotivo che affrontano i membri della famiglia e l’equipe curante è indubbiamente maggiore, e, se non gestito, può generare false aspettative o miracolistiche promesse di guarigione.
Ti diamo il benvenuto in WordPress. Questo è il tuo…