Quante volte hai detto “è solo un palliativo” intendendo che quella cosa fosse inutile? Abbiamo selezionato 10 miti che circondano le CPP per fare luce sulle reali caratteristiche di questa tipologia di cura. Scopri quali sono e diventa anche tu un ambasciatore di corrette informazioni!
Correggere le false credenze cure palliative pediatriche, poter accedere a informazioni corrette, ci aiuta a fare scelte adeguate, a chiedere la miglior assistenza possibile, a migliorare la qualità di vita dei minori con una diagnosi di inguaribilità.
“Quel rimedio è solo un palliativo”. Troppe volte si sentono frasi come questa. In Italia il termine palliativo viene molto spesso accomunato con il termine placebo che così è definito nell’enciclopedia Treccani: “… preparazione a base di sostanza inerte che viene somministrata soprattutto per gli effetti psicologici che può avere sul paziente…” quindi, riassumendo, un qualcosa che non cura
Palliativo, invece, deriva dal latino pallium, mantello, e ben rappresenta l’azione “avvolgente” che le CPP svolgono facendosi carico dei bisogni del malato e del nucleo familiare.
Le CPP sono espressione di una concezione olistica della medicina che non confina la cura nell’unica prospettiva della guarigione, ma fa proprio il concetto ben più alto e complesso del prendersi cura dell’individuo. L’obiettivo terapeutico, infatti, è il miglioramento della qualità di vita, il sollievo dei sintomi e il soddisfacimento delle aspettative e dei bisogni del minore e dei suoi famigliari.
Non fermandosi esclusivamente alla cura del sintomo ma adoperandosi per il benessere del paziente, l’intervento palliativo assume un significato completamente opposto a quello limitato e insufficiente erroneamente attribuitogli.
Le CPP ci aiutano anche a riscoprire il senso originario dell’essere medico: curare con competenza e professionalità, rispettare le scelte e i desideri della persona malata, stabilire una corretta relazione tra medico e paziente. Saper accettare che, a volte, è necessario sospendere trattamenti invasivi e sproporzionati rispetto ai benefici che portano, non è considerato un fallimento ma, al contrario, significa assicurare cure rispettose nel migliore interesse del bambino.
È opinione diffusa, anche tra gli operatori sanitari, che le CPP siano legate alle fasi terminali della malattia, quando, cioè, tutti i trattamenti volti alla guarigione sono già stati tentati. Questa barriera concettuale troppo spesso ancora accosta la morte e il morire alle CPP, sovrapponendo il concetto di inguaribilità a quello di terminalità.
È essenziale, invece, distinguere le cure palliative dalle cure terminali.
Le CPP prevedono l’assistenza fin dal momento della diagnosi di una malattia inguaribile e ad alta complessità assistenziale, proseguono per tutta la traiettoria di malattia, che può durare anni, possono essere erogate senza interrompere le altre terapie e comprendono anche (ma non esclusivamente!) il fine vita. Le cure terminali, invece, si riferiscono alla presa in carico del paziente nel periodo strettamente legato all’evento della morte (settimane, giorni, ore).
Le cure palliative, quindi, non sono le cure terminali ma comprendono anche le cure terminali e l’accompagnamento della famiglia nel periodo del lutto.
Le CPP non vanno assolutamente confuse con pratiche prive di solide basi scientifiche. Già nel 2009 il Consiglio d’Europa ha pubblicato una risoluzione in cui le cure palliative sono indicate come un modello innovativo per le politiche sanitarie e sociali. Nel 2018 l’OMS ha riconosciuto le CPP come cure primarie da inserire nei sistemi sanitari di tutti i Paesi. Nel 2021, l’esame in CPP è diventato obbligatorio in Italia per ottenere la specializzazione di medico pediatra.
La letteratura prodotta a livello internazionale sul tema alimenta un continuo scambio tra ricercatori e clinici con l’obiettivo di aggiornare la comunità scientifica sulle migliori pratiche e strumenti validati. Le CPP sono oggetto di continua revisione, tramite studi e ricerche pubblicate su autorevoli riviste scientifiche e il cui numero, a partire dal 2007, è aumentato costantemente.
Se le CPP applicano rigorosi protocolli scientifici nella ricerca, nella clinica mantengono l’elasticità necessaria a costruire attorno a ciascun paziente un percorso di cura “tagliato su misura”. I bisogni dei minori, infatti, variano secondo l’età, il contesto socio-culturale, la tipologia e la fase della malattia e devono essere la base sulla quale costruire risposte assistenziali specifiche.
I bambini non sono adulti in miniatura. Sono soggetti in continua crescita con rapidi cambiamenti fisici, cognitivi, esperienziali, espressivi ed emotivi; basti pensare alle mille differenze tra un neonato e un adolescente.
Se è vero che le cure palliative per adulti e pediatriche condividono obiettivi e principi etici, allo stesso tempo presentano differenze sostanziali.
Rispetto alla popolazione adulta, dove le cure palliative si sono occupate prevalentemente della fase terminale delle persone colpite da malattia oncologica, i bambini sono colpiti da patologie proprie dell’infanzia come ad esempio: anomalie congenite; condizioni genetiche rare, malattie degenerative metaboliche e neurologiche; fibrosi cistica. E spesso convivono con la loro malattia per molti anni.
Nell’organizzazione delle cure, per rendere più gestibile il percorso di malattia di un minore, è necessario coinvolgere diversi attori per consentire alla famiglia di vivere la quotidianità a casa: il pediatra di famiglia, l’equipe ospedaliera che ha effettuato la diagnosi, gli specialisti chiamati al bisogno e il team di cure palliative pediatriche che organizza il piano di cura. Altrettanto importante è facilitare, attraverso in coinvolgimento della comunità e dei servizi territoriali, le relazioni sociali del bambino nella scuola, nell’attività sportiva, con la rete amicale e familiare per permettere uno sviluppo equilibrato in tutti gli aspetti di vita.
A differenza di quanto accade nelle cure palliative dell’anziano, il carico emotivo che affrontano i membri della famiglia e l’equipe curante è indubbiamente maggiore, e, se non gestito, può generare false aspettative o miracolistiche promesse di guarigione.
Quando si scopre che un bambino è affetto da una malattia inguaribile tutta la famiglia improvvisamente si ammala con lui. E il percorso di cura e di malattia travolge genitori, fratelli, zii e nonni.
La famiglia è chiamata a partecipare a scelte cliniche, terapeutiche ed etiche complesse; collabora attivamente alla cura; paga in prima persona il prezzo sociale ed economico dell’inguaribilità e spesso, se non sostenuta, può entrare in una crisi profonda.
Le cure palliative pediatriche sono in grado di dare risposte ai loro numerosi bisogni:
L’equipe curante, dunque, facendosi carico di questi bisogni, mette al centro tutta la famiglia costruendo una quotidianità adeguata alle diverse necessità.
La maggior parte dei minori che sono seguiti dalle CPP non sono malati di cancro.
Più dell’ottanta per cento dei bambini sono colpiti da malattie inguaribili non oncologiche che vanno dalle malformazioni congenite, alle sindromi cromosomiche, dalle malattie neurologiche e neuromuscolari, alle insufficienze d’organo.
Queste malattie sono molto varie, eterogenee e spesso rare. Possono presentare una prognosi di vita limitata (life limiting), oppure possono avere un trattamento terapeutico che però può fallire (life threatening).
Spesso non vi è una diagnosi specifica certa. In queste situazioni, è importante considerare la diagnosi di “probabile inguaribilità” in presenza di sintomi non rispondenti alle terapie che portano il bambino a rischio di morte e al decadimento dello stato di salute.
Essere eleggibili alle CPP non è una diagnosi di malattia, ma una diagnosi di condizione complessa causata dalla malattia inguaribile, che genera molti bisogni ai quali dare una risposta collegiale, di rete, di squadra.
Le CPP possono essere fornite, oltre che in ospedale, in strutture di assistenza dedicate, gli hospice pediatrici ed in tutti i setting di vita del piccolo paziente e della sua famiglia. Nella stragrande maggioranza dei casi, il luogo scelto dai bambini e dai familiari è la propria casa dove possono ritrovare la propria identità e intimità. Le CPP, possono essere fornite anche a scuola, nei luoghi di socializzazione, e di vacanza.
I servizi di CPP, attraverso una rete professionale capillare e coordinata dal Centro di riferimento regionale, si preoccupano di assistere il minore e la sua famiglia in ogni fase del suo percorso di malattia pianificando con attenzione la possibilità e l’opportunità di organizzare le cure nel luogo dove il minore vive, tutti i giorni, la propria vita.
Infatti, dove tutti i nodi della rete sono attivi e integrati, i minori che riescono vivere nella loro casa, dormire nel loro letto, giocare con l’amico a quattro zampe, con i fratelli, le sorelle e i compagni, aumenta considerevolmente.
In caso contrario, invece, i genitori, non avendo riferimenti che garantiscano continuità di cura e relazione, si sentono lasciati soli e sono costretti a ricorrere ai servizi emergenziali o a ricoveri impropri e non necessari.
Famiglie, pazienti e spesso anche professionisti sanitari erroneamente immaginano che le CPP accelerino la morte.
Chi si occupa di CPP, invece, non dirà mai “non c’è più nulla che possiamo fare”, ma piuttosto “ci sono sempre molte cose che possiamo fare per voi” perché le CPP rispettano la vita in ogni suo momento, fino alla fine.
Anche se la patologia di base non può essere guarita, le CPP utilizzano ogni approccio farmacologico, non farmacologico e tecnologico il più avanzato possibile per prevenire e trattare sintomi disturbanti e migliorare la qualità di vita del minore e della sua famiglia.
Infatti, se i sintomi sono gestiti adeguatamente, se viene preservato e messo in sicurezza l’ambito familiare ed amicale, se c’è chiarezza sulla pianificazione condivisa delle cure e la comunicazione è adeguata, si può vivere una “buona vita” anche in malattia.
Le CPP non accelerano né determinano la morte, anzi orami la letteratura è concorde nell’affermare che i pazienti, inclusi i minori, che ricevono le CPP vivono meglio e più a lungo rispetto a coloro che non le ricevono.
Le CPP, quindi, sono lontane sia dall’eutanasia che dall’accanimento terapeutico. Il loro obiettivo principale è rispettare l’individuo, la sua unicità, i suoi desideri, in poche parole la sua vita.
Il bambino ha il DIRITTO di essere informato sul proprio stato di salute, quando età e situazione clinica lo permettono.
È un DOVERE professionale del sanitario ascoltare il bambino così come informarlo sulla sua malattia, sul piano di cura e di assistenza sviluppato per lui, rispettando le sue eventuali richieste
Questo passaggio d’informazioni deve essere adeguato all’età del bambino, alla situazione clinica e cognitiva, alle sue aspettative e ai suoi desideri. E’ importante quindi valutare la capacità di comprensione del bambino e il suo desiderio di essere informato. Egli può decidere da chi, dove, come e quali informazioni ricevere. Le notizie fornite devono aiutarlo a capire quanto gli sta succedendo e a contestualizzare quanto gli viene proposto.
Il non dire può indurre infatti nel piccolo paziente le paure più atroci, generare ansia, angoscia, sentimenti di solitudine, isolamento e non comprensione, peggiorando le relazioni e la qualità di vita residua.
Coltivare un rapporto di fiducia e imparare a comprendere il “personale linguaggio” di questi minori, favorisce un’apertura del piccolo paziente nei confronti dell’equipe curante. In questo modo, la comunicazione diventa uno strumento terapeutico di fondamentale importanza.
Come dichiarato anche nella “Carta dei diritti del bambino morente” (Carta di Trieste), documento stilato da autorevoli esperti, il bambino è una persona giuridicamente rilevante in ogni fase della vita, e, in quanto tale, è un soggetto titolare di diritti come quello alla vita, alla tutela della salute, alla sicurezza, all’eguaglianza, alla libertà personale, alla libertà di espressione del pensiero, al credo religioso, alla non discriminazione, all’istruzione, al lavoro, alla riservatezza della vita privata e famigliare.
Le CPP non hanno una finalità compassionevole, non sono connesse a uno slancio pietoso o di buon cuore, ma devono essere affidate a un intervento qualificato professionale e specialistico, garantendo sempre e comunque interventi competenti e appropriati. Le CPP hanno una struttura e una solidità scientifica sanitaria e socio-sanitaria, che valorizza la multidisciplinarietà di tutti di professionisti coinvolti e migliora la gestione della complessità del percorso di cura.
La rete di CPP prende in carico il minore e la sua famiglia con rigore metodologico e un approccio multidisciplinare. L’equipe professionale, nella sua interezza, rappresenta un elemento centrale per una buona gestione del caso. Infatti, i bambini eleggibili alle cure palliative presentano bisogni fisici, psicologici, emotivi, spirituali e sociali di elevata complessità, ai quali solo personale esperto può dare risposte.
La formazione e l’aggiornamento di tutti coloro che si prendono cura del minore, compresi i caregiver e i volontari, sono necessari anche per gestire le paure, i conflitti, il carico emotivo e relazionale che l’esperienza e il contatto con la malattia, la morte, la perdita e l’abbandono, determina.
Il Giro d’Italia delle Cure Palliative Pediatriche è un’iniziativa che ha luogo su tutto il territorio nazionale grazie all’impegno delle tantissime associazioni che scelgono di organizzare, nelle loro città di riferimento, una tappa del Giro. La tappa può assumere la forma di evento sportivo, scientifico o di piazza, l’importante è che al suo interno si dia spazio e voce alle cure palliative pediatriche.
Leggi TuttoL’obiettivo del GCPP è quello di costruire una cultura condivisa delle cure palliative pediatriche. Lo facciamo diffondendo informazioni corrette e cercando di creare una maggiore consapevolezza su questo tipo di assistenza. L’iniziativa si rivolge in primo luogo ai cittadini, ma vuole anche essere da stimolo per le Istituzioni e la comunità scientifica, affinché i servizi di CPP siano attivati e implementati su tutto il territorio nazionale, restituendo ai minori interessati (e alle loro famiglie) il diritto a essere curati vicino al proprio luogo di residenza.
Con le nostre campagne informative cerchiamo di dare voce a chi cura nei contesti di inguaribilità, dando a chi si occupa di minori con patologia inguaribile la possibilità di far conoscere il proprio lavoro e i benefici che da esso derivano. Con le biciclette, cerchiamo avvicinare le persone ad un tema difficile e faticoso. Ma che, come la più ripida delle salite, offre poi nuovi punti di vista: su noi stessi, sul nostro rapporto con il concetto di cura e malattia.
ChiudiQuando parliamo di cure palliative pediatriche, ci riferiamo a quell’insieme di interventi clinici, assistenziali, psicologici e spirituali volti a migliorare la qualità di vita del minore con una diagnosi di inguaribilità e ad alta complessità assistenziale e della sua famiglia.
L’OMS le definisce come “l’attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino e che comprende il supporto attivo alla famiglia”. Si tratta di un cambiamento di approccio, che mette al centro i bisogni del bambino e della sua famiglia secondo il paradigma bio-psico-sociale.
Leggi TuttoSi caratterizzano per:
In Italia, l’accesso ai servizi di CPP è un diritto sancito dalla legge 38/10. Per saperne di più scarica il Manifesto Italiano delle Cure Palliative Pediatriche o visita il sito della Fondazione Maruzza.
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